Indagine competenze Stato/Regioni 11: la riforma cosa cambierà?

Ci avviciniamo lentamente al referendum che dovrà decidere la sorte, abbastanza incerta, della riforma costituzionale.

Ricordo che nella riforma è prevista la modifica al Titolo V della seconda parte della Costituzione, all’interno di un disegno di legge costituzionale più complessivo finalizzato al superamento del bicameralismo perfetto. E tra le materie che potrebbero tornare allo Stato, come competenza normativa esclusiva, ci sono anche le competenze relative alla “tutela e sicurezza del lavoro”.

Con questo blog, in questi anni, non ho svolto una vera e propria inchiesta sul tema della riforma costituzionale, ma ho proposto vari approfondimenti per raccontare le opinioni, l’iter, i tempi, gli obiettivi. Ho cercato di migliorare l’informazione, specialmente, ma non solamente, con riferimento a quanto da me pubblicato sul quotidiano online PuntoSicuro.

E su PuntoSicuro è “andata in scena” nei giorni scorsi una mia intervista realizzata in ottobre ad Ambiente Lavoro a Bologna al dirigente della Regione Toscana Marco Masi.

Marco Masi, che partecipava come relatore all’incontro “Cambia la Costituzione: problemi e prospettive per la sicurezza sul lavoro”, ha una grande esperienza, dal punto di vista regionale, sui vantaggi e limiti del ruolo che le Regioni hanno avuto, anche in ambito normativo, in materia di sicurezza e salute.

Volevo conoscere – dopo le tante interviste fatte a rappresentanti del Ministero del Lavoro – non solo la sua opinione sull’eventuale ritorno alla competenza esclusiva dello Stato, ma anche – laddove l’esito del referendum fosse positivo – cosa cambierebbe in Italia nella tutela di lavoratori e lavoratrici.

E la sua risposta, malgrado alcune domande “provocatorie”, è chiara: a breve non cambierà molto perché comunque con la Riforma Sanitaria (Legge 23 dicembre 1978, n. 833) le Regioni si sono presi carico del ‘cittadino che lavora, e come tale è creditore di attenzione ed entra nella tutela del sistema sanitario’.

Tuttavia nessuno può comprendere oggi cosa cambierà invece a lungo termine. Dipende da quali norme future saranno varate e da quali saranno le intenzioni dei prossimi governi, perché, ad esempio, uno dei temi che potrebbe essere toccato – e non lo è oggi con la riforma – è quello delle competenze ispettive.

 

Buona visione dell’intervista (o buona lettura della trascrizione parziale) che è stata pubblicata con l’articolo “Sicurezza sul lavoro: cambierà qualcosa con la riforma costituzionale?” nel numero del 9 novembre 2016 di PuntoSicuro.

 

Tiziano Menduto

 

 


 

 

Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto

 

(…)

 

Qual è la sua opinione sul fatto che le Regioni potrebbero non avere più la competenza normativa in materia di salute e sicurezza?

Marco Masi: (…) “Il Titolo I del decreto 81 in realtà affronta i temi del confronto Stato-Regioni e consegna un sistema complessivo della prevenzione sul lavoro italiana. Siamo nel 2008. Nel 2001 entra la modifica costituzionale, che lei ha richiamato, e che dà alle Regioni normazione concorrente. Ma il decreto 81 è una norma che definisce con chiarezza quali sono gli istituti in cui questi due soggetti – e tutte le componenti sociali interessate al grande tema della prevenzione – possono trovare sintesi ed elaborare, attraverso linee guida o buone prassi, quelli che sono il concetto delle soft law, della normativa secondaria, per poter meglio applicare norme generali previste dall’81. Quindi un modo anche moderno di affrontare la normativa sul lavoro.

Spesso tuttavia la materia concorrente è stata considerata piuttosto antagonista, competitiva. Ma non ci può essere competizione tra istituzioni sui grandi temi sociali, come la sicurezza e salute sul lavoro. La materia concorrente permette alle regioni di applicare meglio le norme generali previste dal decreto 81. E a volte questo può non servire se la norma generale è fatta bene.

E quindi insisto, ne abbiamo discusso proprio oggi, l’81 contiene, per esempio nella Commissione consultiva permanente, il modo di rapportarsi tra le componenti: i ministeri, le parti sociali, le regioni e le province autonome”.

 

Certo che una buona collaborazione tra Stato e Regioni può dare ottimi risultati. Ma l’eventuale passaggio delle competenze normative in modo esclusivo allo Stato, non potrebbe rendere ancora più efficace il raggiungimento degli obiettivi e dei principi del decreto 81?

M.M.: “Uno dei principi che definisce il decreto 81 (…) indica che la salute e sicurezza non è del lavoro dipendente. Non è del lavoro dipendente nella grande o piccola impresa. La salute e sicurezza è dell’individuo che lavora, a prescindere dal contratto, a prescindere dalla differenza di genere. (…) Anche uno studente è lavoratore in un’attività di laboratorio, anche un volontario, nel prestare la sua importante opera, è un lavoratore e quindi un creditore di attenzione in termini di prevenzione salute e sicurezza. L’81 ha affermato questo principio sovrano. È un principio che deve essere un faro per orientare tutti noi verso una normativa efficace. Una normativa che segue l’evoluzione del mondo del lavoro,.. Ecco perché parlavo delle linee guida e le soft law. Queste le possono emanare le Regioni insieme al Ministero con la collaborazione delle componenti sociali e dell’Inail che gioca un ruolo fondamentale, anche per rendere effettivamente agibile il Sistema Informativo nazionale per la prevenzione”. (…)

 

Lei ha toccato il tema del sistema informativo nazionale, del SINP, che è uno dei più chiari esempi di grandi ritardi normativi in materia di sicurezza. Lei non crede che un riparto diverso delle competenze velocizzerebbe la normazione?

M.M.: “Il problema della tempistica è vero, è reale e concreto. Noi dobbiamo dare quanto più possibile risposte certe, chiare e soprattutto in tempi compatibili a un’evoluzione del mondo del lavoro sempre più frenetica. E non è indubbio che cicli produttivi che si segmentano, ricorso sempre più spinto all’esternalizzazione, l’introduzione di nuovi contratti di lavoro, impongono a tutto il sistema di dare risposte in tempi veloci. E quindi lei ha ragione.

Questo sistema, in effetti, ha determinato dei ritardi.

Vorrei però sottolineare che ha anche permesso di garantire un plurimo apporto di competenze specialistiche: medici del lavoro, ingegneri, biologi, chimici, tutte le figure professionali che hanno contribuito coralmente a identificare delle norme utili per il mondo del lavoro.

Non mi pare il momento di parlare di materia concorrente. Mi piace pensare che il Decreto Legislativo 81 sia e rimanga, ovviamente migliorabile, l’elemento di confronto nel titolo I tra i soggetti tutti. Non ci dimentichiamo che anche il mondo delle imprese, gli stessi lavoratori, con la figura fondamentale del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, possono apportare il loro contributo.

Facciamo un esempio su tutti. Mi piace ricorda l’esperienza tra Toscana ed Emilia Romagna che abbiamo avuto nella realizzazione dell’Alta Velocità/Alta Capacità tra Firenze e Bologna. Abbiamo adottato nuovi sistemi di prevenzione, abbiamo emanato linee guida. Grazie all’apporto delle imprese, grazie all’apporto dei lavoratori…”.

 

Secondo lei la possibilità di avere una prevenzione che tenga conto di specificità locali e regionali può rendere più efficace una strategia di prevenzione…

M.M.: “Lo ritengo l’elemento strategico. E questo elemento – voglio esser chiaro – c’era prima, quando la materia era in capo esclusivo al Ministero e c’è ora quando è concorrente.

Le Regioni devono riprendere il loro ruolo di prevenzione non disgiunto dalla prevenzione collettiva. Un lavoratore cittadino che si fa male, impatta sul sistema sanitario nazionale e regionale. Quindi la prevenzione di un lavoratore non è disgiunta dalla prevenzione di un cittadino (…)”.

 

Le ricordo tuttavia, a titolo esemplificativo, cosa ha fatto a livello normativo la Regione Toscana in materia di cadute dall’alto e di uso delle linee vita. È normale, è giusto che su aspetti così rilevanti si abbiano tra le Regioni differenze normative evidenti in materia di sicurezza? Che ci siano Regioni che considerino alcuni rischi così elevati da necessitare di una regolazione specifica e altre no?

M.M.: “Bella provocazione.

Innanzitutto diciamo che la Regione Toscana ha utilizzato una norma urbanistica, edilizia per rafforzare i principi previsti dall’81. Eravamo coscienti, ma non solo in Toscana, che l’edilizia era uno dei principali settori a rischio, se non il principale. E purtroppo la caduta dall’alto era la causa dei principali infortuni gravi e mortali nell’edilizia. Non abbiamo portato normativa in più o in meno. Abbiamo posto in essere, come dire, una prassi. Abbiamo chiesto che gli edifici nuovi, e solo quelli, fossero dotati di sistemi anticaduta. (…)

Non intaccavamo, e non dobbiamo farlo, i principi generali dell’81.

Per questo io dico che se l’81 rimane nella sua concezione, è già l’81 un ecosistema tra Stato Regioni con cui migliorare la normativa, renderla effettivamente più efficace e soprattutto individuare quale sono le azioni di prevenzione nei settori maggiormente a rischio”.

 

Concludiamo riprendendo qualche spunto dal convegno in cui era relatore. Cambierà qualcosa per gli operatori, per le aziende, laddove le competenze passassero in modo esclusivo allo Stato?

M.M.: La legge 833 (riforma sanitaria, ndr) c’è. Non si tratta di passare competenze allo Stato. La riforma costituzionale dice di togliere la concorrenza normativa, che comunque, insisto, è una normativa di dettaglio, che non può intaccare i principi della norma, in questo caso dell’81. Ci tengo a questa precisazione…

Le Regioni e le Province Autonome possono ugualmente e con efficacia attuare quelli che sono i principi dell’833: garantire azioni di prevenzione verso il cittadino lavoratore, piani mirati di prevenzione, analisi degli eventi infortunistici, analisi epidemiologiche, particolare attenzione alle malattie professionali, (…) . Nessuno impedisce alle Regioni e alle Province Autonome di continuare a fare il loro lavoro”.

 


 

 

Link all’articolo originale di PuntoSicuro…