Indagine competenze Stato/Regioni 11: la riforma cosa cambierà?

Ci avviciniamo lentamente al referendum che dovrà decidere la sorte, abbastanza incerta, della riforma costituzionale.

Ricordo che nella riforma è prevista la modifica al Titolo V della seconda parte della Costituzione, all’interno di un disegno di legge costituzionale più complessivo finalizzato al superamento del bicameralismo perfetto. E tra le materie che potrebbero tornare allo Stato, come competenza normativa esclusiva, ci sono anche le competenze relative alla “tutela e sicurezza del lavoro”.

Con questo blog, in questi anni, non ho svolto una vera e propria inchiesta sul tema della riforma costituzionale, ma ho proposto vari approfondimenti per raccontare le opinioni, l’iter, i tempi, gli obiettivi. Ho cercato di migliorare l’informazione, specialmente, ma non solamente, con riferimento a quanto da me pubblicato sul quotidiano online PuntoSicuro.

E su PuntoSicuro è “andata in scena” nei giorni scorsi una mia intervista realizzata in ottobre ad Ambiente Lavoro a Bologna al dirigente della Regione Toscana Marco Masi.

Marco Masi, che partecipava come relatore all’incontro “Cambia la Costituzione: problemi e prospettive per la sicurezza sul lavoro”, ha una grande esperienza, dal punto di vista regionale, sui vantaggi e limiti del ruolo che le Regioni hanno avuto, anche in ambito normativo, in materia di sicurezza e salute.

Volevo conoscere – dopo le tante interviste fatte a rappresentanti del Ministero del Lavoro – non solo la sua opinione sull’eventuale ritorno alla competenza esclusiva dello Stato, ma anche – laddove l’esito del referendum fosse positivo – cosa cambierebbe in Italia nella tutela di lavoratori e lavoratrici.

E la sua risposta, malgrado alcune domande “provocatorie”, è chiara: a breve non cambierà molto perché comunque con la Riforma Sanitaria (Legge 23 dicembre 1978, n. 833) le Regioni si sono presi carico del ‘cittadino che lavora, e come tale è creditore di attenzione ed entra nella tutela del sistema sanitario’.

Tuttavia nessuno può comprendere oggi cosa cambierà invece a lungo termine. Dipende da quali norme future saranno varate e da quali saranno le intenzioni dei prossimi governi, perché, ad esempio, uno dei temi che potrebbe essere toccato – e non lo è oggi con la riforma – è quello delle competenze ispettive.

 

Buona visione dell’intervista (o buona lettura della trascrizione parziale) che è stata pubblicata con l’articolo “Sicurezza sul lavoro: cambierà qualcosa con la riforma costituzionale?” nel numero del 9 novembre 2016 di PuntoSicuro.

 

Tiziano Menduto

 

 


 

 

Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto

 

(…)

 

Qual è la sua opinione sul fatto che le Regioni potrebbero non avere più la competenza normativa in materia di salute e sicurezza?

Marco Masi: (…) “Il Titolo I del decreto 81 in realtà affronta i temi del confronto Stato-Regioni e consegna un sistema complessivo della prevenzione sul lavoro italiana. Siamo nel 2008. Nel 2001 entra la modifica costituzionale, che lei ha richiamato, e che dà alle Regioni normazione concorrente. Ma il decreto 81 è una norma che definisce con chiarezza quali sono gli istituti in cui questi due soggetti – e tutte le componenti sociali interessate al grande tema della prevenzione – possono trovare sintesi ed elaborare, attraverso linee guida o buone prassi, quelli che sono il concetto delle soft law, della normativa secondaria, per poter meglio applicare norme generali previste dall’81. Quindi un modo anche moderno di affrontare la normativa sul lavoro.

Spesso tuttavia la materia concorrente è stata considerata piuttosto antagonista, competitiva. Ma non ci può essere competizione tra istituzioni sui grandi temi sociali, come la sicurezza e salute sul lavoro. La materia concorrente permette alle regioni di applicare meglio le norme generali previste dal decreto 81. E a volte questo può non servire se la norma generale è fatta bene.

E quindi insisto, ne abbiamo discusso proprio oggi, l’81 contiene, per esempio nella Commissione consultiva permanente, il modo di rapportarsi tra le componenti: i ministeri, le parti sociali, le regioni e le province autonome”.

 

Certo che una buona collaborazione tra Stato e Regioni può dare ottimi risultati. Ma l’eventuale passaggio delle competenze normative in modo esclusivo allo Stato, non potrebbe rendere ancora più efficace il raggiungimento degli obiettivi e dei principi del decreto 81?

M.M.: “Uno dei principi che definisce il decreto 81 (…) indica che la salute e sicurezza non è del lavoro dipendente. Non è del lavoro dipendente nella grande o piccola impresa. La salute e sicurezza è dell’individuo che lavora, a prescindere dal contratto, a prescindere dalla differenza di genere. (…) Anche uno studente è lavoratore in un’attività di laboratorio, anche un volontario, nel prestare la sua importante opera, è un lavoratore e quindi un creditore di attenzione in termini di prevenzione salute e sicurezza. L’81 ha affermato questo principio sovrano. È un principio che deve essere un faro per orientare tutti noi verso una normativa efficace. Una normativa che segue l’evoluzione del mondo del lavoro,.. Ecco perché parlavo delle linee guida e le soft law. Queste le possono emanare le Regioni insieme al Ministero con la collaborazione delle componenti sociali e dell’Inail che gioca un ruolo fondamentale, anche per rendere effettivamente agibile il Sistema Informativo nazionale per la prevenzione”. (…)

 

Lei ha toccato il tema del sistema informativo nazionale, del SINP, che è uno dei più chiari esempi di grandi ritardi normativi in materia di sicurezza. Lei non crede che un riparto diverso delle competenze velocizzerebbe la normazione?

M.M.: “Il problema della tempistica è vero, è reale e concreto. Noi dobbiamo dare quanto più possibile risposte certe, chiare e soprattutto in tempi compatibili a un’evoluzione del mondo del lavoro sempre più frenetica. E non è indubbio che cicli produttivi che si segmentano, ricorso sempre più spinto all’esternalizzazione, l’introduzione di nuovi contratti di lavoro, impongono a tutto il sistema di dare risposte in tempi veloci. E quindi lei ha ragione.

Questo sistema, in effetti, ha determinato dei ritardi.

Vorrei però sottolineare che ha anche permesso di garantire un plurimo apporto di competenze specialistiche: medici del lavoro, ingegneri, biologi, chimici, tutte le figure professionali che hanno contribuito coralmente a identificare delle norme utili per il mondo del lavoro.

Non mi pare il momento di parlare di materia concorrente. Mi piace pensare che il Decreto Legislativo 81 sia e rimanga, ovviamente migliorabile, l’elemento di confronto nel titolo I tra i soggetti tutti. Non ci dimentichiamo che anche il mondo delle imprese, gli stessi lavoratori, con la figura fondamentale del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, possono apportare il loro contributo.

Facciamo un esempio su tutti. Mi piace ricorda l’esperienza tra Toscana ed Emilia Romagna che abbiamo avuto nella realizzazione dell’Alta Velocità/Alta Capacità tra Firenze e Bologna. Abbiamo adottato nuovi sistemi di prevenzione, abbiamo emanato linee guida. Grazie all’apporto delle imprese, grazie all’apporto dei lavoratori…”.

 

Secondo lei la possibilità di avere una prevenzione che tenga conto di specificità locali e regionali può rendere più efficace una strategia di prevenzione…

M.M.: “Lo ritengo l’elemento strategico. E questo elemento – voglio esser chiaro – c’era prima, quando la materia era in capo esclusivo al Ministero e c’è ora quando è concorrente.

Le Regioni devono riprendere il loro ruolo di prevenzione non disgiunto dalla prevenzione collettiva. Un lavoratore cittadino che si fa male, impatta sul sistema sanitario nazionale e regionale. Quindi la prevenzione di un lavoratore non è disgiunta dalla prevenzione di un cittadino (…)”.

 

Le ricordo tuttavia, a titolo esemplificativo, cosa ha fatto a livello normativo la Regione Toscana in materia di cadute dall’alto e di uso delle linee vita. È normale, è giusto che su aspetti così rilevanti si abbiano tra le Regioni differenze normative evidenti in materia di sicurezza? Che ci siano Regioni che considerino alcuni rischi così elevati da necessitare di una regolazione specifica e altre no?

M.M.: “Bella provocazione.

Innanzitutto diciamo che la Regione Toscana ha utilizzato una norma urbanistica, edilizia per rafforzare i principi previsti dall’81. Eravamo coscienti, ma non solo in Toscana, che l’edilizia era uno dei principali settori a rischio, se non il principale. E purtroppo la caduta dall’alto era la causa dei principali infortuni gravi e mortali nell’edilizia. Non abbiamo portato normativa in più o in meno. Abbiamo posto in essere, come dire, una prassi. Abbiamo chiesto che gli edifici nuovi, e solo quelli, fossero dotati di sistemi anticaduta. (…)

Non intaccavamo, e non dobbiamo farlo, i principi generali dell’81.

Per questo io dico che se l’81 rimane nella sua concezione, è già l’81 un ecosistema tra Stato Regioni con cui migliorare la normativa, renderla effettivamente più efficace e soprattutto individuare quale sono le azioni di prevenzione nei settori maggiormente a rischio”.

 

Concludiamo riprendendo qualche spunto dal convegno in cui era relatore. Cambierà qualcosa per gli operatori, per le aziende, laddove le competenze passassero in modo esclusivo allo Stato?

M.M.: La legge 833 (riforma sanitaria, ndr) c’è. Non si tratta di passare competenze allo Stato. La riforma costituzionale dice di togliere la concorrenza normativa, che comunque, insisto, è una normativa di dettaglio, che non può intaccare i principi della norma, in questo caso dell’81. Ci tengo a questa precisazione…

Le Regioni e le Province Autonome possono ugualmente e con efficacia attuare quelli che sono i principi dell’833: garantire azioni di prevenzione verso il cittadino lavoratore, piani mirati di prevenzione, analisi degli eventi infortunistici, analisi epidemiologiche, particolare attenzione alle malattie professionali, (…) . Nessuno impedisce alle Regioni e alle Province Autonome di continuare a fare il loro lavoro”.

 


 

 

Link all’articolo originale di PuntoSicuro…

La tutela della sicurezza nel mondo: la prigione a cielo aperto del Qatar

In questi mesi gli approfondimenti di IndagineSicurezza hanno cercato di analizzare tre temi rilevanti in materia di salute e sicurezza nel nostro paese:

– il probabile ritorno, attraverso l’attuale riforma costituzionale, della “potestà legislativa” in materia di salute e sicurezza allo Stato;

– il malessere, lo stress nelle aziende italiane e le carenze nelle valutazioni;

– le distorsioni del mercato della formazione dei lavoratori e di tutti gli attori della sicurezza.

Tutti temi sicuramente rilevanti che meritano una continua attenzione e un’analisi che non si soffermi al singolo articolo o non si disperda nei rivoli di un informazione globale composta da centinaia di articoli su centinaia di temi. E questo – come chi mi legge avrà ormai compreso – è un po’ il compito di questo blog: fermare ogni tanto l’attenzione su qualcosa. Un “qualcosa” da sottrarre alle sabbie mobili dell’informazione “mordi e fuggi” quotidiana e da analizzare, quando possibile, da più punti di vista.

Tuttavia credo sia necessario ogni tanto anche guardarsi intorno e guardare cosa accade nel mondo. In un mondo dove tutto è globalizzato, dove ci serviamo continuamente di merci e prodotti e materie prime che arrivano da ogni dove, una vera ed efficace tutela della salute e sicurezza nel mondo del lavoro deve essere globale. E non possiamo sentirci rassicurati dal fatto di avere una legge, nazionale ed europea, che, pur con le sue pecche, tutela la nostra sicurezza.

Dobbiamo interrogarci su cosa capita negli altri paesi. Su quali siano le condizioni dei lavoratori negli altri paese. E se necessario dobbiamo impegnarci per cambiare le cose.

Ce lo ha insegnato, con un sacrificio e una sofferenza che spero trovi presto giustizia, anche la tragica morte dello studente Giulio Regeni, ucciso perché aveva deciso di non essere spettatore passivo e di denunciare quanto accadeva, anche nel mondo delle rappresentanze sindacali dei lavoratori, in Egitto.

Per permetterci di dare oggi uno sguardo sulle assenze di ogni tutela dei lavoratori di un paese che dista meno di 4.000 km in linea d’aria dall’Italia, è un interessante articolo di Marco Togna, redattore di Rassegna.it, un sito di informazione su lavoro, politica ed economia che ha raccolto l’eredità di “Rassegna Sindacale” il più antico periodico sindacale italiano che nel 2014 ha cessato le pubblicazioni in supporto cartaceo.

L’articolo di Togna, pubblicato il 27 gennaio 2016 su Rassegna.it con il titolo “Qatar 2022, una prigione a cielo aperto”, racconta come in Qatar siano negati i diritti e le libertà fondamentali per quasi due milioni di lavoratori migranti…

Buona lettura.

Tiziano Menduto


 

Il costo del ‘business’ nello stato schiavistico del Qatar è la negazione dei diritti e delle libertà fondamentali per 1,8 milioni di lavoratori migranti”. È con questo atto d’accusa netto e coraggioso che Sharan Burrow, segretario generale dell’International trade union confederation (Ituc), introduce il “Frontlines Report 2015”, redatto dalla Confederazione sul Qatar e sui lavori che il paese arabo sta realizzando per i Mondiali di calcio del 2022. Un atto d’accusa che non risparmia nessuno: governo, imprese di costruzione, multinazionali, catene alberghiere e di distribuzione, università occidentali, tutti complici nel mantenere un sistema fondato sul “modello della moderna schiavitù, che nega i diritti umani e del lavoro e istituzionalizza l’abuso, la povertà dei salari, le condizioni di lavoro estreme e le squallide condizioni di vita”. Parole durissime, quelle di Burrow: “Il Qatar è una prigione a cielo aperto e i suoi leader vogliono mantenerla così”.

La Coppa del mondo Fifa 2022 è un “business” gigantesco. Il volume d’affari complessivo è superiore ai 200 bilioni di dollari (ricordiamo che un bilione è pari a mille miliardi), di cui beneficiano anzitutto le corporation di costruzioni e logistica dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti (attraverso joint venture con partner locali). “Il Qatar – spiega il rapporto Ituc – ha bisogno non solo di costruire nuovi stadi di calcio per le partite, ma, a differenza delle altre nazioni ospitanti più recenti, il piccolo Stato del Golfo ha bisogno di costruire anche tutto il resto, come alberghi, nuovo, aeroporto, campi di allenamento, trasporti pubblici, strade, reti di elettricità e acqua, infrastrutture di ogni genere”.

Qatar_2022_LogoAttualmente lavorano in Qatar 1,8 milioni di migranti: il gruppo più numeroso proviene dall’India (800 mila), seguono i lavoratori del Nepal (700 mila). Non è facile indicare esattamente il numero di infortuni, a causa del rifiuto del governo di pubblicare statistiche specifiche o consentire indagini indipendenti. Un calcolo realizzato sulla base dell’Health Report 2013 del Qatar (pubblicato nell’aprile scorso), che riporta il tasso di mortalità per gli stranieri in età lavorativa, raggiunge l’impressionante cifra di 1.091 decessi all’anno. Da qui la stima dell’Ituc “che più di 7 mila lavoratori moriranno prima che un pallone sia calciato alla Coppa del mondo”.

Ma la cifra potrebbe essere sottostimata: dati ufficiali dei governi di India e Nepal affermano che dal 2010 sono morti in Qatar 1.993 lavoratori. Riguardo le cause, infine, dall’Health Report si apprende che il 44,2 per cento dei decessi avviene per “cause interne” (cioè malattie, come “gli effetti della disidratazione da calore estremo sul lavoro e di notte nei campi di lavoro), il 22,6 per “cause esterne” (ossia traumi, che comprendono “gli incidenti sul posto, come cadute o essere colpiti da oggetti e da veicoli) e il 33,2 per “cause non classificate”.

Il mondo del lavoro in Qatar si basa sul cosiddetto Kafala: questo significa che i lavoratori migranti “sono controllati da un’altra persona: non possono lasciare il paese (i loro passaporti sono sequestrati), o lavorare per un’altra società, senza l’assenso del loro datore di lavoro; è negato loro il diritto alla libertà di associazione e alla contrattazione collettiva; è negato loro il diritto di prendere in prestito denaro da una banca, di affittare una casa o di ottenere la patente di guida senza l’assenso del datore di lavoro”. Una moderna forma di schiavitù, appunto, che vede i lavoratori esposti all’arbitrio e privi di protezione. Che vede, si legge nel Frontlines Report, la connivenza dell’Occidente: “L’orrore è che i governi di tutto il mondo sono in silenzio. Prendono i soldi dal Qatar e mandano politici di alto livello a capo di missioni diplomatiche e commerciali, ma non riescono a chiedere diritti e libertà fondamentali”.

Gli operai che stanno costruendo a Doha il Khalifa Stadium, ad esempio, sono impiegati 13 ore al giorno per sei giorni, per complessive 78 ore settimanali, con una paga oraria di 1,3 euro. E sono tra quelli pagati meglio: “Per andare a lavorare in Qatar, nel settembre 2014, ho pagato all’agenzia di reclutamento 75 mila rupie nepalesi (pari a 630 euro)” racconta Aardash, lavoratore nepalese di 22 anni. “Il contratto firmato a Kathmandu – continua – era di elettricista, per 1.200 rial qatarioti (300 euro). Ma arrivato in Qatar ho dovuto firmare un contratto diverso: da operaio, per 800 rial (200 euro)”. E arriviamo alle condizioni di lavoro: “Ho lavorato sotto il sole fino a 49 gradi, più volte ho sanguinato dal naso. Mi è stato permesso di riposare per un po’, ma poi ho sempre dovuto riprendere a lavorare. Non sono mai stato pagato per il lavoro straordinario. Un giorno sono caduto e mi sono rotto il braccio, ma l’azienda non ha coperto tutte le spese mediche”.

I lavoratori stranieri sono “ospitati” in “campi di lavoro” siti nelle aree industriali o nei quartieri periferici della città. “Al campo di lavoro ci fornivano solo l’acqua, e soltanto a volte, il resto lo abbiamo dovuto comprare. Abbiamo condiviso una stanza in sei persone, avevamo 12 bagni per 120 persone e una cucina per 20 persone” riprende Aardash: “Per il cibo c’era un solo negozio, appena al di fuori del campo, e nessun altro negozio nelle vicinanze”. Dopo i loro spostamenti i lavoratori, si legge nel Report, tornano nei “campi di lavoro sovraffollati e squallidi, con servizi limitati, nessun accesso all’acqua potabile e poche possibilità di ripararsi dal caldo. Molte parti di Doha, inoltre, sono designate come ‘zone di famiglia’: sono quindi off-limits per i lavoratori migranti, limitando ulteriormente la loro libertà di circolazione”.

Marco Togna

Link all’articolo “Qatar 2022, una prigione a cielo aperto” su Rassegna.it

Link al “Frontlines Report 2015 – Qatar: Profit and Loss” – International Trade Union Confederation

Il sito web dell’ International Trade Union Confederation

 

 

Indagine competenze Stato/Regioni 10: i testi approvati dal Senato

La modifica al Titolo V della seconda parte della Costituzione – all’interno di un disegno di legge costituzionale più complessivo finalizzato al superamento del bicameralismo perfetto – continua il suo lungo iter. Con questo blog di riflessione cerco di rispondere ad alcune domande sull’utilità e sulle conseguenze dell’accentramento o decentramento delle competenze in materia di salute e sicurezza.


Ho già ricordato, in precedenti post, come martedì 13 ottobre il Senato abbia approvato, con modifiche, in terza lettura, il disegno di legge n. 1429-B, di revisione della Parte II della Costituzione. Disegno di legge che modifica anche il Titolo V della seconda parte della Costituzione e riporta le competenze in materia di “tutela e sicurezza del lavoro” allo Stato.

Nel precedente post un contributo di Rocco Vitale,presidente dell’associazione AiFOS, ha permesso di commentare la notizia e di sottolineare le piccole differenze con il testo già approvato alla Camera.

Tuttavia per non rischiare quell’abitudine tipicamente italiana e giornalistica di commentare a prescindere dalla conoscenza dei dati, riportiamo oggi il testo approvato dal Senato.

Riportiamo in particolare i link per poter consultare l’intero e corposo disegno di legge e il testo integrale delle modifiche al Titolo V della parte II della Costituzione.

Buona lettura.

Tiziano Menduto


Revisione Parte II della Costituzione.

L’Assemblea di Palazzo Madama martedì 13 ottobre ha approvato con modifiche, in terza lettura, il disegno di legge n. 1429-B, di revisione della Parte II della Costituzione. Il provvedimento torna alla Camera.

Link al testo approvato

 

N. 1429-B

FRONTESPIZIO

Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione

Capo I MODIFICHE AL TITOLO I DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

Capo II MODIFICHE AL TITOLO II DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

Capo III MODIFICHE AL TITOLO III DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

Capo IV MODIFICHE AL TITOLO V DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

Capo V MODIFICHE AL TITOLO VI DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

Capo VI DISPOSIZIONI FINALI


Capo IV

MODIFICHE AL TITOLO V DELLA PARTE II DELLA COSTITUZIONE

Art. 29.

(Abolizione delle Province)

1. All’articolo 114 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole: «dalle Province,» sono soppresse;

b) al secondo comma, le parole: «le Province,» sono soppresse.

Art. 30.

(Modifica all’articolo 116
della Costituzione)

1. All’articolo 116 della Costituzione, il terzo comma è sostituito dal seguente:

«Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui all’articolo 117, secondo comma, lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, m) limitatamente alle disposizioni generali e comuni per le politiche sociali, n), o), limitatamente alle politiche attive del lavoro e all’istruzione e formazione professionale, q) limitatamente al commercio con l’estero; s) e u), limitatamente al governo del territorio, possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, anche su richiesta delle stesse, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119, purché la Regione sia in condizione di equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio. La legge è approvata da entrambe le Camere, sulla base di intesa tra lo Stato e la Regione interessata».

Art. 31.

(Modifica dell’articolo 117
della Costituzione)

1. L’articolo 117 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 117. — La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali.

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea;

b) immigrazione;

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari e assicurativi; tutela e promozione della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; perequazione delle risorse finanziarie;

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; norme sul procedimento amministrativo e sulla disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche tese ad assicurarne l’uniformità sul territorio nazionale;

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali e per la sicurezza alimentare;

n) disposizioni generali e comuni sull’istruzione; ordinamento scolastico; istruzione universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica;

o) previdenza sociale, ivi compresa la previdenza complementare e integrativa; tutela e sicurezza del lavoro; politiche attive del lavoro; disposizioni generali e comuni sull’istruzione e formazione professionale;

p) ordinamento, legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni e Città metropolitane; disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; commercio con l’estero;

r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati, dei processi e delle relative infrastrutture e piattaforme informatiche dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;

s) tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici; ambiente ed ecosistema; ordinamento sportivo; disposizioni generali e comuni sulle attività culturali e sul turismo;

t) ordinamento delle professioni e della comunicazione;

u) disposizioni generali e comuni sul governo del territorio; sistema nazionale e coordinamento della protezione civile;

v) produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia;

z) infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale.

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in materia di rappresentanza delle minoranze linguistiche, di pianificazione del territorio regionale e mobilità al suo interno, di dotazione infrastrutturale, di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, di promozione dello sviluppo economico locale e organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese e della formazione professionale; salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, in materia di servizi scolastici, di promozione del diritto allo studio, anche universitario; in materia di disciplina, per quanto di interesse regionale, delle attività culturali, della promozione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici, di valorizzazione e organizzazione regionale del turismo, di regolazione, sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale, delle relazioni finanziarie tra gli enti territoriali della Regione per il rispetto degli obiettivi programmatici regionali e locali di finanza pubblica, nonché in ogni materia non espressamente riservata alla competenza esclusiva dello Stato.

Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale.

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi dell’Unione europea e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite con legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

La potestà regolamentare spetta allo Stato e alle Regioni secondo le rispettive competenze legislative. È fatta salva la facoltà dello Stato di delegare alle Regioni l’esercizio di tale potestà nelle materie di competenza legislativa esclusiva. I Comuni e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite, nel rispetto della legge statale o regionale.

Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.

La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.

Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato».

Art. 32.

(Modifiche all’articolo 118
della Costituzione)

1. All’articolo 118 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, la parola: «Province,» è soppressa;

b) dopo il primo comma è inserito il seguente:

«Le funzioni amministrative sono esercitate in modo da assicurare la semplificazione e la trasparenza dell’azione amministrativa, secondo criteri di efficienza e di responsabilità degli amministratori»;

c) al secondo comma, le parole: «, le Province» sono soppresse;

d) al terzo comma, le parole: «nella materia della tutela dei beni culturali» sono sostituite dalle seguenti: «in materia di tutela dei beni culturali e paesaggistici»;

e) al quarto comma, la parola: «, Province» è soppressa.

Art. 33.

(Modifica dell’articolo 119
della Costituzione)

1. L’articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 119. — I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.

I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri e dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio, in armonia con la Costituzione e secondo quanto disposto dalla legge dello Stato ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.

La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.

Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti assicurano il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche dei Comuni, delle Città metropolitane e delle Regioni. Con legge dello Stato sono definiti indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno che promuovono condizioni di efficienza nell’esercizio delle medesime funzioni.

Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Città metropolitane e Regioni.

I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento, con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti».

Art. 34.

(Modifica all’articolo 120
della Costituzione)

1. All’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, dopo le parole: «Il Governo» sono inserite le seguenti: «, acquisito, salvi i casi di motivata urgenza, il parere del Senato della Repubblica, che deve essere reso entro quindici giorni dalla richiesta,» e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e stabilisce i casi di esclusione dei titolari di organi di governo regionali e locali dall’esercizio delle rispettive funzioni quando è stato accertato lo stato di grave dissesto finanziario dell’ente».

Art. 35.

(Limiti agli emolumenti dei componenti degli organi regionali ed equilibrio tra i sessi nella rappresentanza)

1. All’articolo 122, primo comma, della Costituzione, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e i relativi emolumenti nel limite dell’importo di quelli attribuiti ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione. La legge della Repubblica stabilisce altresì i princìpi fondamentali per promuovere l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza».

Art. 36.

(Soppressione della Commissione parlamentare per le questioni regionali)

1. All’articolo 126, primo comma, della Costituzione, l’ultimo periodo è sostituito dal seguente: «Il decreto è adottato previo parere del Senato della Repubblica».