Indagine competenze Stato/Regioni: il pensiero pragmatico delle associazioni

In un precedente post ho presentato le possibili modifiche alla nostra Costituzione relative alle competenze in materia di “tutela e sicurezza sul lavoro” e indicato alcune domande che è necessario porsi. Ora non rimane che incamminarci nel faticoso ma necessario percorso d’indagine per raccogliere qualche risposta.

Innanzitutto vorrei pubblicare alcuni contributi, pareri e interviste pubblicate in questi mesi sul quotidiano online PuntoSicuro: permettono di dare un fugace sguardo alle opinioni, di comprendere i possibili futuri schieramenti.

Il primo parere che vorrei presentare non è quello di un politico, di un amministratore o di un esponente delle parti sociali, ma più semplicemente di un rappresentante di un’associazione che da anni si occupa di sicurezza. E avendo visto passare spesso sotto i ponti miriadi di leggi, delibere, circolari, chiarimenti e proroghe senza una reale efficacia per il miglioramento reale della prevenzione in Italia, del problema delle competenze non ne fa un problema di principio. Lo guarda come un possibile spunto nuovo per meglio incidere sul numero ancora troppo alto di infortuni e malattie professionali.

Sto parlando dell’intervento di Rocco Vitale, presidente di AiFOS, intitolato “Approvate le modifiche al Titolo V della Costituzione” e pubblicato sul numero dell’11 agosto 2014 di PuntoSicuro.

 

Roma, 8 agosto 2014. Il Senato ha approvato importanti modifiche al Titolo V della seconda parte della Costituzione e in particolare all’art. 117, dove è stata prevista la competenza esclusiva dello Stato per la materia della salute e la sicurezza sul lavoro.

L’iter di revisione costituzionale è solo agli inizi e deve procedere con le successive approvazioni di Camera e Senato e, molto probabilmente, si svolgerà un referendum.

Ciò non toglie l’importanza di quanto è avvenuto, poiché si tratta pur sempre di un atto legislativo che inciderà, fin d’ora, profondamente sulla normativa del settore della prevenzione della salute e sicurezza.

Di fatto è stato completamente modificato il secondo comma dell’art. 117 nella dizione: “lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie e funzioni” ed alla lettera m) sono aggiunte le “norme generali per la tutela della salute, la sicurezza alimentare e la tutela e sicurezza sul lavoro”.

Allo stesso tempo è stato abrogato l’attuale comma 3, cancellando le ” materie di legislazione concorrente”. Tutta la problematica rientra nell’esclusiva competenza dello Stato e viene tolta alle Regioni la cosiddetta legislazione concorrente e, pertanto, non potranno più emettere provvedimenti, di qualsiasi natura, nel campo della salute e sicurezza.

Per gli addetti ai lavori non si tratta di una sorpresa, ma di una conferma che già la relazione finale della ” Commissione Tofani” (Commissione parlamentare di inchiesta sulle morti bianche) aveva considerato evidenziandone la grande confusione venutasi a creare da parte delle Regioni nell’applicazione della legislazione concorrente.

Le Regioni, del resto, hanno fatto di tutto in questi anni per concorrere a creare questo sistema. Dopo gli Accordi Stato-Regioni, che con luci ed ombre hanno fissato regole e principi condivisi, si è assistito ad una proliferazione di leggi, decreti, delibere, regolamenti differenti da Regione a Regione. Una vera e propria raccolta di testi e norme difformi fra loro che poco o nulla hanno a che vedere con l’autonomia regionale.

Non sorprende, quindi, che a fronte dei circa 8.000 emendamenti presentati al disegno di legge del Governo di modifica del Titolo V della Costituzione non ve ne sia stato nemmeno uno che chiedeva la conferma della “legislazione concorrente”.

Potremmo dire che, al di là dell’esito delle singole votazioni, vi sia stata una unanimità totale nel voler ricondurre allo Stato la materia di salute e sicurezza sul lavoro togliendola alle Regioni. Anzi, bisogna sottolineare come alla salute e sicurezza sul lavoro sia stata aggiunta la sicurezza alimentare ambito nel quale abbiamo, tutt’ora, ben venti legislazioni differenti riconducibili ad ogni singola regione.

Che cosa rappresenta e cosa significa il recente voto del Senato? Agli effetti pratici ed immediati non cambia nulla perché, come detto, siamo all’inizio dell’iter di una modifica costituzionale che deve seguire il suo corso (se tutto procederà senza intoppi, gli esperti dicono che si potrà arrivare a fine 2015 o nel primo semestre del 2016).

Non deve però passare sotto silenzio il valore politico e culturale di tale provvedimento.

Primo perché si tratta di un atto che esprime chiaramente la volontà del Legislatore e secondo perché il tempo che ci separa alla sua applicazione totale deve essere usato e ben speso per affrontare la nuova situazione che non vedrà più né norme regionali, né nuovi Accordi Stato-Regioni.

Le Regioni possono utilizzare bene questo tempo per dare un contributo di chiarezza e responsabilità. Non tutto quanto è stato fatto deve essere cancellato o rifatto daccapo. Le Regioni, come ricordava la Commissione Tofani mantengono ed hanno competenze tramite i Comitati Regionali di Coordinamento (art. 7, D. Lgs. 81/2008) e dovrebbero meglio farli funzionale, nonché sulla vigilanza in materia di sicurezza (art. 13, D. Lgs. 81/2008).

Vi sono poi molte esperienze positive ed utili che dovrebbero essere condivise, prima di tutto fra le stesse Regioni, affinché possano divenire suggerimenti e indicazioni utili allo Stato.

Non è cosa da poco, bensì molto impegnativa.

Anzi è proprio quello che è mancato ed ha contribuito ad affievolire l’azione (molto spesso disattesa, non applicata ed ignorata) ed il prestigio delle Regioni.

Dedicarsi con serietà ed impegno per dare un contributo propositivo sarà molto più utile che persistere nell’applicare norme o, peggio ancora, farne delle nuove che prima o poi verranno cancellate e facilmente dimenticate.